Sfogliando gli “eserciziari” della palestra alla voce “tricipiti” troviamo una miriade di esercizi anti noia. Nella vita sportiva si allenano solitamente in funzione di un gesto specifico come lanciare, schiacciare, tirare un pugno, ecc… Mentre in altri casi vengono allenati per motivi puramente estetici (famosa la prova del “versare il sale”). Cercando tra gli innumerevoli esercizi che hanno come obiettivo comune l’allenamento “dei tricipiti”, spesso ci imbattiamo in più varianti di uno stesso esercizio con la (falsa) promessa di poter allenare più un capo rispetto all’altro, piuttosto che di riuscire ad isolarlo.
L’analisi biomeccanica ci consente di esaminare i pro e i contro di ciascun esercizio per fare poi una scelta consapevole riguardo all’esecuzione ottimale (massimo beneficio con minimo rischio) in funzione dell’obiettivo specifico secondo la filosofia ISSA.
Analisi biomeccanica
Il tricipite brachiale è il principale estensore dell’arto supoeriore oltre che un sinergico nell’estensione della spalla e nell’adduzione del braccio. Si tratta di un muscolo bi-articolare (attraversa le articolazioni della spalla e del gomito) che origina con un capo lungo della tuberosità sottoglenoida della scapola e con i due capi mediale e laterale dalla faccia posteriore dell’omero, rispettivamente medialmente e lateralmente al solco del nervo radiale.
L’inserzione è comune, a livello dell’olecrano dell’ulna. Come detto è un muscolo biarticolare. Infatti, se la principale funzione è l’estensione del gomito, non possiamo dimenticare che, avendo una connessione sulla scapola per mezzo del capo lungo, partecipa anche all’estensione della spalla e all’adduzione del braccio.
A queste funzioni possiamo aggiungere anche quella di pronazione dell’avambraccio ad opera del muscolo anconeo, un piccolo muscolo stabilizzatore del gomito che lavora in strettissima sinergia ol tricipite brachiale.
Al fine di un allenamento che rispetti la biomeccanina del muscolo i punti salienti da rispettare sono:
– rispetto della funziona articolare, con movimenti durante i quali i tendini si trovino in posizione corretta e possano agire secondo le corrette linee di tradizione;
– rispetto delle funzioni muscolari, non solamente delle funzioni principali, ma anche di quelle accessorie;
– partenza da un allungamento completo, vale a dire da una posizione che consenta un leggero prestiramento del muscolo (senza che diventi però un allungamento eccessivo tipo stretching, perchè il muscolo si troverebbe in un rapporto tensione-lunghezza sfavorevole alla produzione di forza, oltre che in una posizione rischiosa per le strutture);
– arrivo in una posizione di accorciamento completo, esaurendo quindi tutte le funzioni del muscolo.